La missione 6 del PNRR ha un unico grande obiettivo: migliorare il SSN dal punto di vista dell’efficacia e da quello dell’efficienza per ridurre al minimo l’impatto delle diseguaglianze sociali fra le persone che accedono al sistema della salute. Assume un ruolo di primaria importanza, quindi, la figura dell’infermiere, che finalmente non solo viene preso in considerazione nella sua professionalità, ma che diventa soggetto primario in grado di offrire la giusta assistenza al malato. L’obiettivo è garantire assistenza costante, “senza lasciare mai solo nessuno” amiamo dire noi infermieri, e quindi operare per la prevenzione, partendo da quei pazienti con cronicità semplici fino a chi ha patologie più complesse. Per tutti il punto di riferimento sarà nelle Case di comunità, negli Ospedali di comunità e nell’Assistenza domiciliare integrata (Adi), quindi nelle cure domiciliari di II e III livello, nelle cure palliative e negli hospice. Le Case di comunità oggi non raggiungono le 500 unità (precisamente al momento ne contiamo 489 nell’intero Paese), ma la previsione è che ce ne sia una ogni 20mila abitanti. Ciò significa che grazie ai fondi del Recovery Plan si potranno attivare altre 1.300 case di comunità entro il 2026. Il progetto è un team multidisciplinare formato da medici di medicina generale, specialisti, infermieri di famiglia e comunità, nonché altri professionisti della salute e assistenti sociali. Il tutto tenendo presente che l’età media del paziente aumenta: se oggi abbiamo 35 anziani per ogni 100 persone in età lavorativa, nel 2050 ne avremo il doppio. Ma anche tenendo presente che il bisogno di cure non è solo dell’anziano. Il focus dell’infermiere di famiglia è l’intera comunità, diventandone punto di riferimento. Già alcune regioni hanno legiferato introducendo la figura dell’infermiere di famiglia (vedi l’Emilia Romagna, ma anche la Puglia). Il punto è che per adesso manca una linea nazionale ed unitaria, che obblighi le regioni a procedere tutte nella stessa direzione. Al fine di assicurare il percorso individuato dal Pnrr, occorre invece muoversi tutti nello stesso senso. A tal proposito è necessario prevedere una formazione specifica e una competenza clinica maturata sul campo, un infermiere specialista per aree di competenza così da poter operare tanto nell’urgenza quanto nella prevenzione, che si occupi del coordinamento dei servizi, ma anche della gestione e del monitoraggio dell’assistenza alla persona. Il Pnrr offre una grande occasione: mai tanti investimenti sono stati previsti nel campo della sanità, ma perché i progetti diventino realtà concreta occorre un piano, un progetto unitario che accomuni l’intera categoria, partendo, ovviamente, dalle nuove assunzioni considerata l’annosa e innegabile carenza di organico, e soprattutto eliminando finalmente le differenze nelle diverse regioni italiane.
Gennaro Mona – Coordinamento interregionale OPI Campania Molise Basilicata